sabato 26 settembre 2015

Primo Levi - citazione, frasi celebri, aforismi









Scrittore, Partigiano, Chimico e Poeta Italiano
(Torino 1919 - Torino 1987)


Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi, è nell'aria.

 

C'è Auschwitz, dunque non può esserci Dio. Non trovo una soluzione al dilemma. La cerco, ma non la trovo. 

 

Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo. 

 

Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo che lavora nel fango che non conosce pace che lotta per mezzo pane che muore per un sì o per un no.

 

Non esistono problemi che non possano essere risolti attorno ad un tavolo, purché ci sia volontà buona e fiducia reciproca; o anche paura reciproca.

 

Le leggi razziali furono provvidenziali per me, ma anche per gli altri: costituirono la dimostrazione per assurdo della stupidità del fascismo.

 

Pochi sono gli uomini che sanno andare a morte con dignità, e spesso non quelli che ti aspetteresti.

 

Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.

 

I nazisti e i fascisti hanno dimostrato per tutti i secoli a venire quali insospettate riserve di ferocia e di pazzia giacciano latenti nell'uomo dopo millenni di vita civile, e questa è opera demoniaca. 

 

Della mia vita di allora non mi resta oggi che quanto basta per soffrire la fame e il freddo; non sono più abbastanza vivo per sapermi sopprimere. 

 

Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l'amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione alla felicità sulla terra. Ma questa è una verità che non molti conoscono.

 

Meglio astenersi dal governare il destino degli altri, dal momento che è già difficile ed incerto pilotare il proprio. 

 

Ognuno è ebreo di qualcuno. Oggi i palestinesi sono gli ebrei di Israele.

 

Rita Levi Montalcini è una piccola signora dalla volontà indomita e dal piglio di principessa.

 

Devo dire che l'esperienza di Auschwitz è stata tale per me da spazzare qualsiasi resto di educazione religiosa che pure ho avuto. 

 

Distruggere l'uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi.

 

Sarà bene ricordare a chi non sa, ed a chi preferisce dimenticare, che l'olocausto si è esteso anche all'Italia, benché la guerra volgesse ormai alla fine, e benché la massima parte del popolo italiano si sia mostrata immune al veleno razzista.

 

Esiste un contagio del male: chi è non-uomo disumanizza gli altri, ogni delitto si irradia, si trapianta intorno a sé, corrompe le coscienze e si circonda di complici sottratti con la paura o la seduzione al campo avverso. 

 

Guai a sognare: il momento di coscienza che accompagna il risveglio è la sofferenza più acuta. Ma non ci capita sovente, e non sono lunghi sogni: noi non siamo che bestie stanche.

 

Avevo una enorme, radicata, sciocca fiducia nella benevolenza del destino, e uccidere e morire mi parevano cose estranee e letterarie. I miei giorni erano lieti e tristi, ma tutti li rimpiangevo, tutti erano densi e positivi; l'avvenire mi stava davanti come una grande ricchezza.

 

Il sopravvivere senza aver rinunciato a nulla del proprio mondo morale, a meno di potenti e diretti interventi della fortuna, non è stato concesso che a pochissimi individui superiori, della stoffa dei martiri e dei santi.

 

In ogni gruppo umano esiste una vittima predestinata: uno che porta pena, che tutti deridono, su cui nascono dicerie insulse e malevole, su cui, con misteriosa concordia, tutti scaricano i loro mali umori e il loro desiderio di nuocere.

 

Kafka comprende il mondo (il suo e anche meglio il nostro di oggi) con una chiaroveggenza che stupisce, e che ferisce come una luce troppo intensa.

 

In realtà, e nonostante alcune contrarie apparenze, il disconoscimento, il vilipendio del valore morale del lavoro era ed è essenziale al mito fascista in tutte le sue forme. Sotto ogni militarismo, colonialismo, corporativismo sta la volontà precisa, da parte di una classe, di sfruttare il lavoro altrui, e ad un tempo di negargli ogni valore umano.

 

L'uomo è per natura gregario. Ricerca più o meno consapevolmente la vicinanza non già del suo prossimo generico, ma solo di chi condivide le sue convinzioni più profonde (o la sua mancanza di tali convinzioni). 

 

In questa nostra epoca fragorosa e cartacea, piena di propaganda aperta e di suggestioni occulte, di retorica macchinale, di compromessi, di scandali e di stanchezza, la voce della verità, anziché perdersi, acquista un timbro nuovo, un risalto più nitido.

 

La vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volontà sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa. 

 

La maggior parte tra noi erano ebrei: ebrei provenienti da tutte le città italiane, ed anche ebrei stranieri, polacchi, ungheresi, jugoslavi, cechi, tedeschi, che nell'Italia fascista costretta all'antisemitismo dalle leggi razziali di Mussolini, avevano incontrato la benevolenza e la civile ospitalità del popolo italiano.

 

Quando c'è la guerra, a due cose bisogna pensare prima di tutto: in primo luogo alle scarpe, in secondo alla roba da mangiare; e non viceversa, come ritiene il volgo: perché chi ha le scarpe può andare in giro a trovar da mangiare, mentre non vale l'inverso.

 

Nelle intenzioni fasciste, in Italia, la caccia all'ebreo non avrebbe dovuto essere meno accanita che nella Germania alleata, ma è stata ampiamente vanificata dalla sensibilità umana degli italiani, dalla indifferenza politica di allora, e dal discredito di cui il fascismo si era ormai coperto.

 

 

 

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